associazione italiana familiari e vittime della strada - onlus

Parliamo di noi

Ultimo aggiornamento 10 dicembre 2003

E' nata nel luglio 2002,  una nuova rubrica che abbiamo voluto intitolare "Parliamo di noi".

Mentre gran parte del materiale viene pubblicato sul nostro sito con spirito di servizio o di denuncia, allo scopo cioè di renderlo noto a tutti, anche a quanti non sono stati toccati dalla strage stradale e non ne conoscono la dimensione, questa nuova rubrica è invece rivolta esclusivamente a chi ha dovuto subire le più strazianti conseguenze dell'incidente stradale, con la perdita improvvisa di una o più persone care o con i segni indelebili  dell'incidente sul proprio corpo.

L'articolo 3 del nostro statuto elenca gli  scopi per i quali la nostra associazione è stata creata e tra questi "- il conforto umano e, quando possibile, l’assistenza  psicologica e legale tramite strutture convenzionate o la sensibilizzazione di quelle pubbliche, agli associati che ne abbiano bisogno. 

Mentre per quanto riguarda l'assistenza legale e la giustizia,  grazie ad una rete di legali "convenzionati"  e ad una serie di iniziative (incontri, convegni, proposte di legge) il nostro progetto è per lo meno stato avviato, ancora poco siamo riusciti a fare per il supporto diretto alle vittime, se si esclude l'encomiabile attività di accoglienza e solidarietà svolta a titolo personale da molti nostri iscritti o responsabili.

Con la la speranza di crescere ancora in numero e forza, e di realizzare il sogno (che è realtà per molte associazioni europee nate prima della nostra) di un supporto psicologico qualificato attraverso un nostro servizio diretto, vogliamo   iniziare, almeno da queste pagine, a dare voce al nostro dolore e a condividere le nostre esperienze, affinché anche dalle macerie che ricoprono il nostro cuore,  possa rinascere, attraverso la solidarietà e l'ascolto, un piccolo segno di speranza riflesso negli occhi di chi, prima di noi, ha dovuto affrontare le più terribili prove della vita. 

Nelle nostre intenzioni questa dovrà diventare una particolare rubrica di posta del cuore dove incontrare chi può avere bisogno di noi o chi ci può dare una mano fraterna a risalire una china di disperazione e di vuoto,  per ritrovare la luce della speranza nell'impegno in favore di chi può ancora essere salvato o di chi è stato ancor più sfortunato di noi.

Questa nuova rubrica è gestita da Morena Fanti, entrata a far parte della nostra associazione in seguito alla perdita della sua unica figlia Federica, e desiderosa di condividere con quanti lo vorranno, il sofferto e complesso cammino di introspezione e di ricerca di un nuovo possibile equilibrio.

Prima della sua terribile esperienza,  Morena era una accanita lettrice e si dilettava scrivendo brevi racconti; era quindi naturale che trovasse nella scrittura il mezzo più istintivo per raccogliere ed analizzare gli innumerevoli stati d'animo che caratterizzano la sua esistenza da quel tremendo giorno. 

Morena apre la rubrica con una sua breve presentazione, offrendo a tutti noi le prime pagine del suo diario, con l'intenzione di avviare un dialogo con quanti desiderino raccontare le loro esperienze e  mettere il loro dolore al servizio di quanti si trovano oggi ad affrontare l'inaffrontabile.        

     Vi invitiamo a  comunicare con la nostra rubrica inviando i vostri suggerimenti e le vostre e-mail all'indirizzo   parliamodinoi@vittimestrada.org o direttamente a Morena all'indirizzo f.morena@tiscali.it .

Chi sono 

Devo raccontare qualcosa  di me. 
         Qualche mese fa, in un’occasione simile, avevo esordito così:
         “Sono molto fortunata. Nella vita ho sempre potuto scegliere...”
         Rileggendo ora questa presentazione, capisco che non potrò mai più scrivere così, non inizierò più una frase con queste parole, non perché sia cambiata la mia fortuna, ma perché  non mi sento più la stessa persona che ero prima.
         Da quando la mia unica figlia ventiquattrenne, Federica, è morta investita da un’auto mentre attraversava la strada, la mia vita è tanto cambiata che, per un lungo periodo,  non sapevo dire chi ero e, forse, non lo so ancora.
         Quando succede una tragedia simile, la vita si divide immediatamente in “prima” e “dopo”. Tutto ciò che esisteva viene completamente sovvertito e ci si sente in balia di qualunque cosa, incapaci di prendere qualsiasi decisione. Pensavo spesso, i primi giorni, che si diventa “diversi”, che gli altri non ti possono comprendere in pieno. Probabilmente sbagliavo ma, siccome quello che senti diventa quello che credi, ecco che ci si può sentire fortemente incompresi.
         Ho iniziato a pensare che le uniche persone con cui avrei voluto parlare, fossero persone a cui era capitata una cosa simile, pur senza essere parenti e, quindi, disperati per la perdita della stessa persona. Mi sembravano le uniche persone in grado di capirmi, soprattutto perché avevano la mia stessa esperienza senza essere coinvolte nella perdita di Federica. Mi è venuta l’idea di formare un gruppo di “auto-aiuto”, un gruppo in cui ci fosse comunicazione, scambio di idee e confronto di emozioni, perché credo nella forza del gruppo, nel fatto di non essere isolati. Ci si lamenta spesso che gli altri non ti vogliono vicino ma è necessario essere i primi ad avvicinarsi alle altre persone e bisogna cercare di farsi capire, spiegando le emozioni che si provano, perché è il silenzio il vero nemico dei rapporti interpersonali.
         Sapevo che non eravamo i soli a subire una simile circostanza; ero, infatti, ben consapevole che simili disgrazie succedono ogni giorno, anche con aspetti molto più tragici. Nonostante questo, le prime frasi che mi ero detta erano state quelle che credo angoscino tutti noi: Perché è successo a lei? Perché ci è capitata una cosa simile? Cosa abbiamo fatto di male?. Come se fosse possibile dare una risposta a queste domande. Subito dopo mi sono anche detta: Perché non a noi?. Quale merito poteva garantire di non incorrere in tutto ciò?
         Si dice sempre “Può capitare a tutti”. Evidentemente lo diciamo convinti di essere “gli altri” ma, purtroppo quei tutti di cui si parla siamo noi!
         Dopo l’idea del gruppo, che mi è sembrata troppo distante nel tempo e difficile per me da realizzare, ho avuto l’idea di scrivere, perché ho pensato che con un libro potevo raggiungere molte più persone e, tramite le mie parole potevo, forse,  essere di aiuto a qualcuno.  Questo libro narra del  percorso che facciamo giornalmente per andare avanti; cioè di come il dolore si evolve col passare del tempo, di quante e quali ripercussioni tutto ciò ha sulla vita della famiglia e come si altera il nostro carattere e il comportamento verso gli altri. Ho pensato che il primo anno rappresenterà un tempo simbolico di “sopravvivenza”, intuisco che sarà il più difficile da superare e penso che, se ci riuscirò, avrò anche la forza per proseguire e vivere i prossimi anni, cercando di avere una vera vita, non un  surrogato di essa.
         Ecco che il percorso ideale di questo libro è già ben delineato, lo scopo è chiaro; è importante che riusciamo a farci capire dagli altri, che comunichiamo, perché credo che la nostra voce debba farsi notare, dobbiamo smettere di essere trasparenti, se non vogliamo che gli altri ci giudichino tali.
         Quando ho avuto  a disposizione un discreto numero di pagine, ho sentito l’urgenza di capire cosa volevo farne. Ero talmente presa da questo pensiero che non riuscivo più a procedere. Ho pensato che l’unica cosa che aveva importanza per me, era proporlo a persone a cui interessasse veramente e capire se poteva essere apprezzato e se, in qualche modo, io fossi riuscita a farmi capire, perciò mi sono rivolta all’Associazione, proponendo il mio progetto.
         Offro queste prime pagine del mio diario a quanti avranno la benevolenza di leggerle e nella speranza che trovino nella loro lettura spunti di riflessione e stimoli a raccontare il loro modo di affrontare questa difficile vita, e che possa iniziare sul nostro sito un costante, fruttifero e fraterno dialogo.   

Morena Fanti 

 

Il diario di Morena

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Lettera aperta - 2 ottobre 2003

 

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