associazione italiana familiari e vittime della strada - onlus

Diario :  9 maggio 2002 -  30 giugno 2002

 

9 maggio 2002

 

Sono molto incerta delle mie reazioni e non conosco più me stessa e le mie emozioni. In questo periodo sono ancora più variabili del solito, ho degli enormi sbalzi di umore e non capisco come mi sento e come si è evoluto il mio carattere. Capisco che la sofferenza non si è attenuata, come credevo; sento che è sempre in agguato, pronta a divorarmi come la bestia feroce che è.

Mi sforzo di controllarla, di limitarla, affinché non mi annienti del tutto. Mi stupisco sempre di riuscire a trovare la forza necessaria per fare questa cosa, tutti i giorni, in tutti i momenti della mia vita. Credo di averla trovata nella famiglia, nei parenti e negli amici. Da tutti loro assorbo la forza per andare avanti, giorno dopo giorno, senza pensare ad un tempo troppo lontano. Mi concentro su un giorno alla volta.

Ho sempre compreso il forte significato che avevano per me, la famiglia e l’amicizia. Sono sempre stati grandi valori per tutti noi e io ho sempre saputo di essere disponibile per chiunque avesse avuto bisogno di me. Non sapevo, però, quanto parenti ed amici potessero fare per me, anche solo per il fatto di esserci. Non ho mai avuto l’abitudine di chiedere, ma è bellissimo scoprire che gli altri vogliono donarti qualcosa, anche se non lo chiedi!

Oltre alla soddisfazione di sentirti amata, entra in gioco anche il fatto di farti coinvolgere dall’altrui generosità. L’amore che ti viene offerto ti stimola a fare qualcosa di vitale, ti infonde energia e ti spinge verso nuovi obiettivi, perché capisci che non puoi deludere chi ti ha offerto così tanto affetto. Sei stimolato, perciò, a fare qualcosa, anche se non vorresti e, vedendo i tuoi sforzi, le persone che ti hanno spinto su questa strada, non possono fare a meno di amarti di più.

Per fortuna, l’affetto è un circolo vizioso.

 

12 maggio 2002

 

Pensavo già da tempo, con apprensione, a questa domenica di maggio, la cosiddetta "Festa della mamma". D’ora in poi, questo giorno mi ricorderà sempre che nessuno mi chiamerà più con questo nome. Ero, perciò, triste e ansiosa e speravo che arrivasse in fretta il termine di questa giornata. Poi ho ricevuto una telefonata che mi ha portato una notizia orribile, ad accrescere questa mia angoscia. Un amico molto caro ha appena perso un nipote e i suoi due figli, schiacciati da una frana caduta sulla loro automobile. La moglie, e mamma dei due bambini, era in un’altra auto e seguiva il marito, quindi ha visto tutto accadere sotto i suoi occhi.

Dopo la telefonata ho acceso il televisore e visto l’enorme masso che si è staccato dalla montagna ed è caduto sull’automobile. Un’altra volta l’orrore si è impadronito del mio cuore e l’ha stretto in un pugno, come per soffocarlo del tutto. Posso solo immaginare come si deve sentire questa donna, che è rimasta completamente sola; in un istante ha visto distruggere la sua famiglia e la sua vita.

In questi frangenti posso solo dirmi, una volta di più, che non esiste limite alla sofferenza; ovunque guardi c’è sempre la possibilità che possa accadere qualcosa di peggio di quello che è accaduto a te. Allora mi chiedo: « Chi sono io, per lamentarmi di quello che ci è successo? Con quale arroganza posso permettermi di dire che abbiamo subito una disgrazia insormontabile, quando ci sono vite sconvolte da simili tragedie?»

Sì, è tutto vero, tante persone soffrono per le enormi disgrazie che sono costretti ad affrontare; nonostante questo, però, vivono la loro vita con grande coraggio e anch’io devo farlo, perché ho ancora tante cose per cui ringraziare ed essere contenta.

Ma queste sono solo belle parole, non sono una santa, sono una persona "normale" e sono molto arrabbiata, comunque!

 

15 maggio 2002

 

Facendo le pulizie, cosiddette primaverili, ho lavato le tende e, stirando quelle della camera di Federica, mi sono sentita molto arrabbiata. Dover fare queste cose, stare nella sua camera, pulirla, mi fa stare male. Molto male.

Penso sempre ai sogni, ai progetti che aveva e a tutto quello che avevamo pensato di fare insieme. Parlavamo spesso del futuro, della famiglia e dei figli che avrebbe avuto e di cosa desiderava per la sua vita. Erano tutti desideri semplici, famiglia, figli, lavoro. Allora, perché la sua giovane vita era stata spezzata, e lei era stata defraudata del suo futuro?

Queste domande, a cui so già che non esiste una risposta, mi angosceranno per sempre? Sarò sempre arrabbiata, angosciata, delusa? Non riuscirò mai più ad avere un momento di tranquilla serenità?

Ho sempre creduto che la rabbia in sé fosse sterile, non portasse a niente. Forse questo è vero, specialmente se non viene abbinata ad altri sentimenti, se viene vissuta passivamente, come imposta dagli eventi. Invece, quando porta ad avere sentimenti contraddittori o contrastanti, può essere una molla che ti fa slanciare verso il futuro, verso il movimento, che non ti fa restare inerte, solo in attesa di qualcosa. Può essere sintomo di rinascita, di rinnovamento e risveglio; cioè quello che tanto auspico per me stessa.

 

16 maggio 2002

 

Sbagliavo, credendo che il percorso verso la tranquillità, fosse una continua evoluzione, sempre orientata al meglio. Quando ho iniziato a scrivere pensavo, ingenuamente, che se fossi riuscita a cavarmela meglio ogni giorno di più, il miglioramento si sarebbe verificato con una escalation continua, in cui ogni giorno sarebbe stato più sopportabile del precedente.

Non avevo fatto i conti con la mia nuova fragilità, con quegli stati d’animo che sembrano essersi impadroniti della mia mente e la governano facendole subire degli alti e bassi continui. Un attimo mi sento forte e padrona della situazione, l’attimo successivo sono in balìa della più cupa sfiducia.

Se qualcuno me l’avesse spiegato prima! Forse, essendo preparata a questo, l’avrei affrontato meglio. Questi continui sbalzi di umore, questi cambi di direzione disorientano molto, perché tutte le volte che ti senti male, pensi: "Allora non ne uscirò mai! Non starò mai più bene!".

Ed è così! E’ vero, credo che questa condizione sia da paragonare a quella di un alcolista: quando una persona è alcolista, lo è per tutta la vita. Anche quando non beve. Allo stesso modo, noi siamo e saremo sempre soggetti alla depressione e a problemi di ordine psicologico; non potremo mai dire: " Ne siamo fuori." Perché non ne usciremo mai. Avremo periodi in cui staremo meglio, ma il peggio sarà sempre in agguato. L’equilibrio raggiunto sarà così precario, la linea di divisione così sottile, che in ogni istante potrà essere attraversata.

Saperlo può aiutare a capire e ad affrontare questi continui cambiamenti, queste variazioni improvvise, che ti fanno credere di non poter sopportare questa angoscia, e che ti fanno pensare che non sarai mai in grado di superarla. Forse sono stata troppo ottimista, pensando che il periodo simbolico di un anno, che mi ero prefissata come tempo da raccontare in questo libro, potesse dimostrare che è possibile risalire questo abisso di disperazione, trovare dei nuovi stimoli di vita e recuperare quello che è rimasto dentro di noi.

Certi giorni penso di riuscire ad affrontare questa cosa che mi divora; mi sento capace di proseguire la mia vita e di fare delle cose che mi possano, in qualche modo, fare sentire che non sto vivendo invano. Credo che questa sia una delle sensazioni più intense, e più angoscianti, che provo: la consapevolezza di avere perso una delle più grandi motivazioni per il futuro.

Sapere di avere un figlio, che a sua volta avrà dei figli, ti fa sentire la continuità di ciò che stai facendo e ti spinge a pensare di non essere passato invano su questa terra, di avere lasciato un segno del tuo passaggio. Inoltre ti spinge a fare progetti per il futuro, perché senti di avere qualcosa che ti aspetta; questa continuità di vita, che trasmette qualcosa della tua anima, con la percezione di essere veramente importante per qualcuno.

Perdere questo importante punto di riferimento, per sé e per la propria vita, è uno sconvolgimento tanto grande, da trascinare alla deriva ogni progetto, proposito e intenzione. Indebolisce e soffoca ogni iniziativa, stravolgendo ogni futura decisione. Sento che non sarò mai più libera come prima. In questa condizione mi sento soffocare, in ogni mio desiderio e spinta emotiva; sento che non conoscerò più la completa libertà, anche quella molto semplice di prendere decisioni e seguire impulsi, che avevo prima. Qualunque scelta subirà dei grossi condizionamenti, a causa di questa enorme mancanza che siamo costretti a subire e della persona che sono, o credo di essere, ora.

Non appoggerò più la testa sul cuscino con la stessa leggerezza e tranquillità che ho provato in passato. Ci sarà sempre un’ombra nel mio cuore e nella mia emotività.

Dovrò convivere sempre con tutti questi vincoli, che come catene, impediranno alla mia anima di vivere libera.

 

17 maggio 2002

 

So che la motivazione per andare avanti deve comunque venire da me, non esiste persona al mondo che me la possa dare se, io per prima, non la desidero fortemente. Prova evidente potrebbe essere il fatto che esistono tante persone che, pur avendo quello che noi riteniamo "tutto", non riescono a trovare questa motivazione e si lasciano andare completamente o, addirittura, si tolgono la vita.

Quindi, non è avere uno o più figli che ti può fornire questa intima sicurezza; come sempre nella vita, tutto ciò che ci serve lo dobbiamo trovare all’interno di noi stessi. Siccome so benissimo che prima avevo questa motivazione, mi domando dove è andata a finire, perché non sono più capace di trovarla?

Perché non sono più la stessa persona e non ho le reazioni che avevo prima, sono molto diversa, perché mi sento diversa. Oppure credo che dovrei sentirmi diversa; mi stupisco spesso delle mie reazioni normali a certi eventi. Quando ho dei comportamenti simili a quelli che avevo prima, mi dispiace e mi sento anche in colpa, mi sembra che non sia giusto che io reagisca ancora come mi era familiare. Vorrei riscoprirmi completamente cambiata, sarebbe più accettabile.

Questo è uno dei motivi per cui mi piace fare cose mai fatte in precedenza; solo, però, se non ho il sospetto di farle solamente per supplire alla mancanza di Federica. Questo è un atteggiamento che evito; cerco sempre di scoprire se desidero fare una cosa e per quale motivo. Capisco anche che questo atteggiamento può diventare persino eccessivo; si può correre il rischio di non fare più nulla, perché si pensa che ogni desiderio sia generato dalla sofferenza di avere perso questa forte motivazione di vita e di desideri per il futuro.

Un’altra volta esce questa ambivalenza; sembra che qualsiasi cosa si faccia, ci siano sempre dei motivi per rammaricarsene. Se una cosa ti fa piacere, ti dispiace perché non pensi che sia giusto provare piacere o gioia, se una cosa ti procura ansia o tristezza, ti domandi se d’ora in poi sarà sempre così, per te.

Si amplifica così, la sensazione di non fare mai la cosa giusta: forse è proprio quello che crediamo debba verificarsi ed ecco che, noi per primi, favoriamo il realizzarsi di questa eventualità. Mai in pace e in tranquillità!

 

29 maggio 2002

 

Da qualche giorno non riesco più a scrivere, non mi viene in mente niente da dire; improvvisamente niente di quello che penso mi sembra importante. Ci penso spesso perché, invece, lo vorrei fare, lo sento come un bisogno, una necessità. Forse qualcosa mi distoglie da questo lavoro, oppure ho terminato un ciclo di emozioni che credevo inesauribile. I primi mesi ero tanto concentrata su me stessa e il mio dolore, da non pensare ad altro che ad esternarlo in questo modo e perciò scrivevo sempre, appena possibile. Di notte, quando non riuscivo a dormire, oppure mi svegliavo presto e mi rigiravo per ore nel letto pensando a Federica, scrivevo mentalmente pagine su pagine di quelli che erano i miei pensieri e poi di giorno li ricreavo sulla carta, o meglio, sulla tastiera.

Non ho, però, abbandonato l’idea principale, quella da cui è nato tutto. Anzi, adesso credo che sia molto importante portarla avanti con ogni mezzo a mia disposizione. Vorrei riuscire ad arrivare al cuore di altre persone che, come noi, hanno sofferto a causa di una disgrazia simile. Sono convinta che molte di queste persone potrebbero trarre serenità e conforto dalla voce di una persona che descrive le stesse sofferte emozioni che hanno turbato anche la loro vita.

Unire le voci e i sentimenti, riconoscerli come già vissuti e dare loro un nome, capire che si può procedere verso una speranza di vita, può risollevare l’anima da tanta atroce sofferenza. Questo è quello che vorrei veramente; unire la mia voce e la mia esperienza a quella di altre persone in modo da rendere tutto ciò più sopportabile, per ognuno di noi.

 

31 maggio 2002

 

Ieri ho visto Annalisa e abbiamo parlato a lungo. Come al solito il discorso finisce sempre su Federica e quello che provo, su come si sono evoluti sentimenti ed emozioni in questi mesi.

Annalisa mi ha parlato di una teoria molto interessante, che ha appreso da alcuni libri del dott. Weiss; un’ipotesi che, pur lasciandomi scettica, mi ha affascinato. Il dott. Weiss, innanzitutto è convinto che tutti noi abbiamo a disposizione diverse vite da vivere, ma dice che ogni vita che viviamo "rappresenta un giorno di scuola": cioè ogni volta che nasciamo abbiamo uno scopo, che è quello di imparare una cosa specifica. Quando abbiamo esaurito questo scopo, cioè abbiamo imparato la cosa che ci serviva conoscere, la nostra vita può cessare perché ha esaurito la sua motivazione di essere.

Credendo in questa teoria, riesce più facile accettare la fine di una vita, perché si può motivare dicendo che la persona aveva esaurito lo scopo principale della sua venuta sulla terra, ciò che poi risulta essere l’unico scopo: imparare qualcosa. Ecco che si chiarisce anche quella frase che non mi convinceva:

" Perché alcuni trapassano molto giovani? Perché hanno portato a termine il loro compito".

Io interpretavo erroneamente questa frase, pensando che il compito che una persona deve svolgere su questa terra fosse un compito nei riguardi degli altri, perciò non mi piaceva questa frase perché pensavo: "Chi dice che una persona ha esaurito il suo compito, quando invece potrebbe ancora fare tante cose per i propri familiari, occuparsi di altre persone o, anche, donare gioia con la propria presenza? "

Se invece pensiamo che il compito, che ognuno di noi deve assolvere, è quello di imparare, cioè un compito che privilegia la persona, ecco che tutto diventa più accettabile. Probabilmente Federica aveva già appreso tutto ciò che le serviva imparare e perciò, se ne è andata verso un’altra vita.

Ho anche obbiettato con Annalisa che questa teoria può diventare anche un discorso di comodo: diventa facile crederci, perché così si trova un’ottima motivazione per accettare più facilmente la morte di una persona cara. Quindi potrebbe sembrare molto affascinante e convincente proprio per questo motivo; abbiamo tutti un’enorme bisogno di capire e accettare. Infatti, questa teoria mi è sembrata subito molto vera: spiegava molte cose incomprensibili che mi hanno torturato per mesi e forse può riuscire a farmi accettare l’inaccettabile.

Proprio per questo, però, una parte di me la rifiuta; le cose troppo facili mi hanno sempre generato sospetto. La razionalità esce e contesta queste spiegazioni, che sono perfino troppo affascinanti.

 

3 giugno 2002

 

Da quando ho parlato con Annalisa, non riesco a togliermi questi pensieri dalla mente. Devo leggere quei libri di cui mi ha parlato. Stamattina pensavo di telefonarle, per chiederle di portarmeli. Nello stesso istante in cui pensavo di chiamarla, è squillato il telefono ed era proprio Annalisa! Così le ho chiesto di portarmi i libri, perché voglio leggerli e rendermi conto di quello che scrive l’autore.

Penso anche a tutte quelle cose che ti riferiscono, quando muore una persona cara. Improvvisamente tutti hanno qualche esperienza da raccontarti: chi conosce qualcuno che si mette in contatto tramite scrittura automatica, chi ha letto un articolo di una persona che ha contatti con il figlio morto, tramite il registratore. Ho sempre pensato con sospetto a queste cose, perché mi sembrano generate anche dalla suggestione; si può desiderare tanto di parlare ancora con la persona che ti manca come l’aria che respiri, da pensare veramente di parlarci. O di scrivere con le parole dettate da lei.

Potrebbe anche essere vero, sono fenomeni che possono esistere davvero. Tutti noi abbiamo tante capacità sconosciute che non usiamo mai, perché non ne siamo coscienti e non sappiamo neanche di averle.

Quindi, anche queste possibilità, potrebbero essere concrete. Non ho un’esperienza diretta e, soprattutto non desidero approfondire questi discorsi, perché ho il timore che sia troppo facile farsi suggestionare, tanto è il desiderio di entrare nuovamente in contatto con le persone che amiamo tanto.

Rifuggo sempre da ciò che non conosco in modo chiaro e completo; la mia maledetta necessità di avere sempre tutto chiaro e definito! Sarebbe molto bello potersi lasciare andare e credere in qualcosa di così coinvolgente da farti dimenticare per un secondo la sofferenza e pensare che tutto sia così "giusto" e "necessario".

 

6 giugno 2002

 

Finalmente ho i libri del dott. Weiss! Probabilmente ne sono così attratta, perché spero di trovare, proprio in queste pagine, una spiegazione convincente a quello che mi tormenta. Quella spiegazione che cerco da tanti mesi e che, credo, non troverò mai.

Abbiamo talmente bisogno di capire, che ci protendiamo con avidità verso qualsiasi fonte, di possibile spiegazione delle tragedie che ci accadono. Dobbiamo spiegare l’inspiegabile! Forse un giorno, capirò e, soprattutto, ammetterò che tutto questo non ha spiegazioni. Bisogna accettarlo, e basta!

E’ quello che tutti mi ripetono: "Lo dobbiamo accettare e basta!" Come si debba fare, però, nessuno lo dice. Sembra una verità assoluta: un dogma sul quale nessuno può discutere.

E io ho perso la voglia di discutere!

 

12 giugno 2002

 

Sto leggendo con voracità i libri del dott. Weiss e trovo dei concetti che, se pur fantasiosi per certi versi, sono tanto suggestivi da sembrarmi veri. Però, in certi istanti, la mia mente razionale esce allo scoperto e pone delle obiezioni a questi concetti, tanto affascinanti da sembrare inventati.

Credo nella reincarnazione, è un pensiero che avevo già assimilato da tanto tempo. Non avevo ancora pensato a questi concetti, dopo la morte di Federica, non pensavo a lei in una nuova vita. Soprattutto non potevo pensare che nella prossima sua vita, come in quelle già passate, probabilmente lei ed io ci rincontreremo, faremo di nuovo parte di un’esistenza comune. E’ un’idea che mi attira molto, ovviamente, e perciò esce di nuovo il mio timore che tutto ciò rappresenti per me una specie di scialuppa di salvataggio.

Come al solito, mi oppongo fortemente a tutto ciò che nella mia mente, può suggerire l’idea di un surrogato; qualsiasi cosa mi sembri suggerita dalle circostanze, oppure sembri una cosa che avviene per sopperire alla mia grande mancanza, viene da me sfuggita ed evitata come la peste.

Questi concetti, che il dott. Weiss illustra con tanta convinzione, si scontrano anche con la mia razionalità e il bisogno di avere prove scientifiche di quanto spiegato nei suoi libri. Sembra persino un po’ semplicistico questo modo di interpretare la morte; in fin dei conti è quello che ognuno di noi vorrebbe sentirsi dire, per essere completamente rassicurato delle proprie ansie e paure. "Non abbiate timore, la morte non esiste! Smettiamo solo una forma fisica, per ritrovarci in una forma spirituale da cui, in seguito, decideremo se vogliamo ritornare in un nuovo corpo".

Bello, no? Chi si preoccuperà più di morire, a questo punto?

 

14 giugno 2002

 

 

Giugno

 

Il profumo intenso di una rosa rossa,

tanto scura da sembrare tagliata nel velluto nero,

il candore abbagliante del giglio

che spinge per uscire dall’ombra del lillà,

la quiete del grano che aspetta di maturare

completamente per regalarci la sua fragranza.

Mese carico di profumi e colori,

il primo di una estate sconosciuta,

ci rassicura sulla costante della vita.

Perché tutto prosegue uguale?

Perché non si ferma questo alternarsi

di nascita e di rinnovamento?

Possibile che nessuno si accorga

che manca qualcuno fra noi?

I fiori proseguono il loro ciclo

E non pensano a chi l’ha terminato.

Anche noi stiamo continuando il nostro cammino

Stranamente tutto sembra proseguire.

Allora comprendiamo che siamo veramente

un piccolo puntino sulla cartina della vita.

 

21 giugno 2002

 

Primo giorno di estate, la stagione che prosegue il rinnovamento totale, iniziato in primavera. Qualcosa inizia a muoversi, forse il mio progetto partirà. Era questo il segno che aspettavo, per capire che posso andare avanti? Oggi è venuta Elena e abbiamo passato il pomeriggio insieme; avevamo tutte e due bisogno di parlare di Federica, sentiamo tanto la sua mancanza. Ci siamo fatte un bel pianto ristoratore ed eravamo in completa comunione; era bellissimo! Allora ho sentito che dovevo parlarle del libro che sto scrivendo e anche lei mi ha incoraggiato a continuare. Quando lo dico a qualcuno così intimo, qualcuno che conosce bene noi e conosceva Federica, quindi coinvolto totalmente, penso sempre anche all’effetto, che avrà su questa persona, leggere quello che ho scritto. Come potrà sopportare il peso di tutto quel dolore?

Infatti non l’ho ancora detto a nessuno, perché non so se capirebbero cosa mi ha spinto a scrivere e a volere rendere pubblico il mio dolore, in un modo così totale, completo. Poi penso anche che qualcuno potrebbe chiedere di leggerlo e io non so se sono pronta per questo, e non so se lo sarò mai. Quando ho iniziato a scrivere questo "libro", avevo in mente solo persone sconosciute, colpite dalla stessa disgrazia che era capitata a noi, l’ho scritto pensando a loro. Non avevo pensato che, se diventasse veramente un libro, lo potrebbero leggere tutti.

Questa possibilità adesso mi preoccupa, perché penso che le persone che mi conoscono e che hanno conosciuto Federica, e provato affetto per lei, lo leggeranno con angoscia, non potranno che esserne sconvolti; scontrarsi con il dolore e fissarlo negli occhi, non è piacevole.

Comunque spero che il mio desiderio, di vedere pubblicato questo libro e sapere che per qualcuno potrà essere occasione di confronto e riconoscimento dei propri sentimenti e delle emozioni che prova, mi farà capire e superare anche questi piccoli dubbi.

 

23 giugno 2002

 

Adesso che si sta concretizzando qualcosa del mio progetto, ora che qualcuno ne è a conoscenza e legge qualche pagina di quello che ho scritto, si manifestano tante incertezze Dalle reazioni delle prime persone, forse anche troppo coinvolte emotivamente, nasce il timore di capire se ho fatto bene a proseguire in questa mia idea o se è troppo angosciante per gli altri leggere quello che ho scritto, quello che ho provato. Sento che rinnoverò il dolore di tanti e rinforzerò quello di altri, ma il mio desiderio è, comunque, quello di spiegare e di aiutare a comprendere e, tramite questi tristi passaggi, di arrivare in un luogo dove ci sia maggior pace e serenità per tutti. Solo arrivando fino in fondo si può risalire.

Ieri sera ho mandato qualche pagina a Franca e adesso mi ha appena scritto: " ... non ho parole, solo lacrime che scendono!" Sono sconvolta da questa sua frase, piango anch’io, e questo ci unisce ancora più di prima. Il dolore può enormemente unire o dividere, a noi rimane sempre l’opportunità di scelta. Possiamo piangere insieme oppure chiuderci nel nostro isolamento...

Rileggendo adesso quello che ho scritto i primi giorni, dopo quel 5 novembre, sono ancora più convinta di avere fatto bene a scrivere, perché anche in futuro ritroverò sempre quelle prime emozioni, esattamente come le ho provate. Credo che sia molto importante per me, sapere che queste emozioni e questi sentimenti sono autentici e li posso ritrovare quando voglio, esattamente come li ho vissuti in quegli istanti. Fra qualche anno, quando tutto sarà offuscato e reso smorzato dai giorni passati, sarà ancora possibile rivivere quei sentimenti e riconoscere lo stesso dolore. Credo sia importante che non vada disperso nell’aria, pur riconoscendo che è giusto che non si provi con la stessa intensità dei primi giorni, anche perché insopportabile per chiunque.

Quindi si manterrà intatta la memoria di tutto ciò che ho provato, anche se non in modo così intenso da risultare aggressivo e devastante, come lo è stato all’inizio.

 

30 giugno 2002

 

Ora che vedo svilupparsi la mia idea, sento il desiderio di rimettere ordine nella mia vita, ma come fare?

Da qualche mese, quanti? nove mesi ormai, lascio andare le cose per conto proprio, non ho più nessun controllo sulle carte che sono perennemente accatastate sulla scrivania, pago regolarmente in ritardo le bollette e le fatture, e gestisco con un po’ di improvvisazione tutti i miei compiti. Credo che il disordine, che lascio crescere esternamente, sia una provocazione per il mio cervello che sta cercando disperatamente un ordine nei sentimenti.

Adesso vorrei veramente riprendere le redini di questa vita sregolata e darle una nuova direzione. L’Ageop mi ha mandato una lettera, per comunicarmi che a settembre inizierà il nuovo corso per i volontari e sto seriamente pensando di partecipare per verificare la mia idoneità a seguirlo. All’inizio ero un po’ restia a impegnarmi con l’Ageop, perché non volevo che fosse solo un modo di supplire a una mancanza o un desiderio sbagliato di sostituire Federica, in quello che faceva. C’era anche il timore di non riuscire, di non risultare idonea per questo compito. Ho poi pensato che, fare il test e il colloquio, mi avrebbe dato la risposta: se li supererò significherà che sono in grado di farlo. Elena ha visto la lettera e ha chiesto di fare il suo nome perché vorrebbe partecipare anche lei. E’ meraviglioso, anche se non dovessimo riuscire abbiamo comunque la voglia di provarci!

Intanto si avvicina il 2 luglio e io sono molto preoccupata da questa ennesima data; non solo sono nove mesi che Federica è morta, ma sarebbe anche il giorno del suo compleanno, il venticinquesimo! Festeggiare un compleanno, senza la festeggiata è quanto di più assurdo, si possa immaginare! D’altronde, cosa c’è di sensato, in tutto questo?

Elena e Silvia hanno manifestato l’intenzione di fare qualcosa per ricordare la loro amica e così ci troveremo tutti per una cena a casa nostra. Un po’ strano, fare una cena per una ricorrenza simile? Non so, non mi sono mai trovata prima in questa circostanza, mi adatto giornalmente alle evoluzioni della situazione, cercando di fare nel modo migliore. Probabilmente abbiamo pensato che, in certe situazioni, stare insieme aiuta a superare le difficoltà.

Credo che ogni persona reagisca in modo diverso, però sono sempre più convinta della mia teoria, che ogni persona debba adattarsi, agendo di conseguenza e comprendere cosa è il meglio per sé stessa e chi le sta vicino.

  Continua

 

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