associazione italiana familiari e vittime della strada - onlus

Diario :  31gennaio - 28 febbraio

 

31 gennaio 2002

 

Certe volte credo di non distinguere la realtà dalla fantasia: è adesso che vivo in un sogno, o il sogno era la vita precedente? Non mi sembra ancora vero che mia figlia non sia più qui con me e certe volte mi chiedo se è vero che c’è stata per ventiquattro anni. VENTIQUATTRO ANNI!!

Ho avuto veramente una figlia? Un cambiamento di vita così brusco disorienta e non ti fa capire più niente.

Sto diventando matta?

Guardo le fotografie, tutti i disegni che ha fatto, tutti i regali che mi ha comprato, tutti quelli che le ho comprato io, e so che è vero. Sapere che è vero, però, mi costringe ad ammettere che è vero anche il resto. E’ questo che non mi va, che non accetto. Ogni tanto siamo costretti a rifugiarci in un mondo finto. Non sempre ne siamo coscienti e certe volte la finzione ti può prendere la mano. Bisogna sempre essere coscienti che esiste anche questa dimensione del nostro "esistere".

Io non mi devo preoccupare troppo, spesso la consapevolezza mi sale alla gola e mi devasta. Mi impedisce di fingere! Credo che il mio cervello sia in lotta con il mio cuore; uno sa che Federica è morta, l’altro crede di saperlo, ma non se ne vuole convincere. Tutto per proteggere la mia integrità mentale.

1 febbraio 2002

 

Non sto bene, raffreddore, due linee di febbre. Quasi mi viene il pensiero di mettermi a letto e stare un po’ al buio, a rimuginare. E’ da quattro mesi che ne ho voglia. Ma non è possibile. Si agiterebbero tutti: " Come, è a letto? Cosa ha fatto? Non sta bene? E’ giù di morale? ".

Certo che sono giù di morale, e sono anche stanca di non poterlo dire! Sono stanca di preoccuparmi per gli altri, che non si preoccupino troppo per me.

Non posso aiutare tutti, non so neanche come fare a aiutare me stessa!

5 febbraio 2002

 

Tutte le volte che attraverso una strada non posso fare a meno di pensare a quello che è successo a Federica e chiedermi come sia potuto accadere. Non è spiegabile e nessuno ci ha fornito una parola di chiarimento, né i carabinieri, né, tantomeno, la persona che guidava l’auto che l’ha investita. Io non accetterei comunque nessuna spiegazione, perché per me non esiste. Questa mancanza di chiarimenti mi rende ancora più difficile rassegnarmi a quello che è successo. Oppure me lo invento io, per avere la scusa di non accettarlo?

Tutto è possibile, con la mente umana: ho sentito persone fare ragionamenti contorti pur di dire che credevano in una cosa all’opposto di quella che era. Quindi anch’io potrei cercare delle scuse per dimostrare di non poter accettare l’accaduto.

Adesso so che è vero: ci si può adattare veramente a tutto! Io, che pensavo con timore al momento in cui Federica si sarebbe sposata, perché avevo paura di soffrire a causa della "sindrome del nido vuoto", adesso vivo senza di lei e sapendo che non la vedrò mai più. Non riesco a capacitarmi di questo: come è possibile? Come faccio? Non avrei mai creduto di esserne capace, eppure convivo con un dolore che giudico insopportabile.

Che meravigliosa macchina è il nostro cervello! Sa mascherare così bene la verità, che certe volte anche noi stessi non comprendiamo quale sia, figuriamoci cosa possiamo far credere agli altri!


7 febbraio 2002

 

Gli oggetti portano con sé un pezzetto dell’anima di chi li ha usati o amati? Oggi ho venduto qualcuno dei libri di Federica dell’università – l’armadio era tanto pieno da non potere più contenere niente! Silvia mi ha aiutato a sceglierli e a portarli alla libreria. Erano molto pesanti e mi è sembrato di portare via un pezzettino di lei. Libri sui quali ha tanto faticato, con la speranza di potere in seguito esercitare una professione che tanto amava: lavorare con i bambini. Quante speranze se ne sono andate! Insieme alla sua vita sono sparite tante altre cose! Tutte le cose meravigliose che avrebbe potuto fare e la persona stupenda che già era. Anche la persona che sarei potuta essere io se ne è andata con lei su quella strada. La vita di tutti noi ha subito un arresto, forse una interruzione per sempre.

Mi è sembrato brutto disfarmi dei suoi libri, ma ho pensato che i testi universitari, soprattutto quelli che aveva meno amato, forse li avrebbe venduti anche lei. Non amava gli sprechi.

Erano cose che, comunque, avevano già concluso il loro scopo. Ho scelto di tenere quelli che mi piacciono, o quelli che lei ha amato di più. Il primo libro che ho sistemato nella libreria è quel "Discorso sul metodo" su cui abbiamo tanto faticato e riso in agosto dell’anno scorso. Non ho il posto necessario per tenere tutto e, prima o poi, dovrò anche completare la sistemazione della sua camera. Quante volte ho iniziato, ma è un lavoro troppo ingrato! E’ tremendo ripescare tutte le cose che hanno avuto un significato per Federica e sapere che non serviranno più. Decine di articoli sui suoi cantanti preferiti, che non mi decido a buttare perché so che lei li avrebbe conservati. Tante agende degli anni passati, con annotate tutte le cose che ha fatto, con relativi commenti, mi riportano a quei giorni, alle confidenze che mi ha fatto e alle risate che ci univano così spesso.

Le risate! Quando penso a Federica la prima cosa che mi viene in mente è:

" Quanto abbiamo riso! Come ci divertivamo insieme! " E’ stato un bene; adesso ho una collezione di bei ricordi da sfogliare con la mente. Ancora non riesco bene ad esaminarli: sono molto dolorosi, perché troppo belli.


9 febbraio 2002

 

Mi aspettava al mio rientro a casa. Era steso sul tavolo e sembrava mi schernisse. " Eccomi qua! Allora, adesso che sono qui, cosa posso fare per te?"

Quando l’ho visto sono ritornata di colpo a quel giorno, quel primo giorno, quando ho detto piangendo, come fosse la cosa più importante del mondo: " Farò in modo che abbia il riconoscimento che merita, a costo di discutere io la sua tesi!" Mi sembrava così fondamentale, così urgente, sarà perché gli ultimi mesi erano stati incentrati sulla preparazione a questo avvenimento e Federica si era preparata tanto, che mi sembrava insopportabile che non potesse arrivare neanche alla Laurea. Ho subito cercato di mettermi in contatto con la sua relatrice e ho chiesto che le venisse riconosciuto il lavoro che aveva svolto con tanto impegno. A cosa potrà servire? Non lo so, ma in quel momento mi sembrava molto urgente e indispensabile. Poi arrivammo anche al giorno in cui avrebbe dovuto discutere la tesi e, invece, le è stato riconosciuto questa benemerenza "Post Mortem". Stamattina è arrivata dentro un tubo e adesso mi guarda e mi disturba. Lo farò vedere e poi lo rinchiuderò dentro al suo tubo e lo farò sparire in fondo all’armadio. Non posso appenderlo al muro e poi essere costretta a vederlo tutti i giorni. Fra qualche anno, forse, lo prenderò fuori e poi deciderò cosa farne.


10 febbraio 2002

 

Ieri sera cena da Franca e Piero; inutile dire dove va a finire il discorso. Beatrice e Federica sono sempre con noi, anche quando non ne parliamo. Prima abbiamo parlato del sito internet, che curo insieme ad altri amici, e di una riflessione che avevo scritto e inserito subito, credo il 15 ottobre, e Franca ha detto che le piaceva molto e l’aveva stampata per farla leggere a Piero.

 Giuliano si è incuriosito, non l’aveva vista, perché quando l’avevo scritta ero molto arrabbiata e non l’avevo fatta vedere a nessuno. Ho promesso che a casa, gliel’avrei fatta leggere, ma so già che lo farà piangere. E infatti è così, lo rileggo anch’io, perché dopo averlo scritto non l’avevo più guardato. Sapevo che era lì, e questo mi bastava: avevo urlato la mia rabbia al mondo! Rileggendola sento quanto ero arrabbiata, veramente tanto!!


Un pacco meraviglioso

L'orrendo spago grigio era sempre stato lì. Quando avevano aperto il pacco era caduto in terra e si era rintanato sotto un mobile. Nessuno gli aveva dato importanza, erano tutti troppo intenti a guardare dentro quel pacco stupendo, pieno di meraviglie! 

Uno dopo l'altro, uscirono giorni bellissimi, feste di compleanno, alberi di Natale con regali e dolci fatti in casa, primi giorni di scuola, feste di fine anno scolastico con foto di gruppo, barzellette stupide e canzoni stonate. E loro andavano avanti a prendere fuori tutte queste cose meravigliose. Nessuno poteva immaginare quante cose ci fossero dentro a quel pacco. 

Finché un giorno il pacco si vuotò, senza preavviso, e l'orrendo spago grigio, si sollevò, come un serpente che azzanna la sua vittima e, andando a raspare il fondo del pacco, si accorsero che era VUOTO! VUOTO!

Quanto dolore ha procurato quello schifoso pezzo di spago! Ma quanta felicità ha procurato quel pacco meraviglioso!

Pur sapendo che ci può essere uno schifoso spago grigio, non eviterò mai di aprire un pacco pieno di giorni meravigliosi. 

Non eviterò di VIVERE!

 

Ieri sera, poi il discorso è proseguito sulle nostre figlie e quello che ci era capitato e Franca ha commentato: " Siamo proprio stati sfortunati, noi!"

E’ difficile dire cosa sia la sfortuna, dipende dal modo in cui si interpretano gli avvenimenti che ci capitano. Non credo di avere avuto una vita veramente sfortunata, anzi mi sono sempre definita "fortunata". Credo di esserlo stata. Anche adesso non so dire se quello che ci è capitato si possa definire sfortuna. Penso che tante persone abbiano avuto una vita orrenda e difficile. La mia vita è stata bella e ho avuto delle difficoltà come ne hanno tutti. Forse è il modo con cui si affrontano che cambia e ti fa sentire la cose in modo diverso. Certe difficoltà sembrano insormontabili, ma dipende solo dagli occhi di chi le guarda. Pensando di essere gli unici a dovere subire certi avvenimenti non si creano i presupposti per la loro risoluzione.

Sono ritornata all’idea iniziale di questo mio scritto. Sono convinta che sia molto utile sapere e "sentire" la voce di qualcuno che sta subendo gli stessi avvenimenti e prova gli stessi sentimenti. Riconoscersi negli altri ti fa sentire meno solo e ti aiuta a dare un nome alle emozioni che provi. Procedere insieme verso la "guarigione" può essere un valido aiuto per accelerare un processo molto lungo e complesso come questo. Per chi leggerà e, anche e soprattutto, per me rappresenterà una vera catarsi.

Spero che anche i miei amici, leggendomi, provino gli stessi sentimenti e capiscano che cosa mi ha spinto a lavorare a questo progetto.

Forse non tutti apprezzeranno questa mia idea di scrivere su un così difficile argomento. Per qualcuno potrebbe risultare difficoltoso comprendere perché io abbia desiderato questo; rendere pubblica una storia di sentimenti tanto complessi quanto penosi.

All’inizio scrivevo per me, per lasciare uscire tutte queste cose che mi divoravano la mente. Ho sentito che dovevo scrivere comunque, anche se rimanevano solo appunti, lo dovevo fare. Quando vado a rileggere le prime cose che ho scritto soffro come nel momento in cui le ho lasciate uscire dalla mia tastiera; mi risento esattamente come in quei momenti. L’eventuale riscrittura e correzione sarà un bel problema; quando ci provo le lacrime mi velano gli occhi e mi impediscono di continuare, poi mi devo calmare e devo aspettare prima di riprendere la correzione. E’ molto faticoso, forse più di quando l’ho scritto. La cosa che mi da coraggio è la forte convinzione che potrebbe essere di aiuto per qualcuno. Lo spero, anche perché credo di aver bisogno di questo.


11 febbraio 2002

 

Raccogliendo le foglie, pensavo alla natura e a come prosegua sempre il suo corso, senza fermate e interruzioni:


Febbraio

Sotto cumuli di foglie secche,

piccole pratoline e timidi giacinti

aspettano.

Progetto di vita che verrà.

 

Questo "progetto di vita" forse costringerà anche me a fare qualcosa, credo che la nuova stagione porterà con sé un bisogno di rinnovamento che arriverà in tutti gli angoli della mia vita. Ne ho un po’ timore, forse sarebbe meglio continuare ancora con questo clima freddo e umido, che invoglia a non fare niente, a non procedere. Finora la stagione mi è stata congeniale, era adatta al mio stato d’animo. Fredda e nebbiosa, niente sole, tutto grigio. Perfetta per abbinarsi al mio malumore. Che poi vero malumore non è. Direi piuttosto che è uno stato d’animo nebuloso, come il cielo che ci ha accompagnato in questi ultimi mesi.

Avrei anche voglia di sole, di primavera, ma la temo. Per me simboleggia il rinnovamento, in tutti i sensi, e credo che lo sarà anche per tutti noi. Non sono ancora sicura di averne voglia, tutto qui. Forse temo di non essere pronta.


13 febbraio 2002

 

Quando mi guardo allo specchio non mi riconosco. Occhi sconosciuti mi guardano e non sono soddisfatti dell’immagine che vedono. Sembro la stessa persona, ma non è possibile. Io vedo che gli occhi sono diversi, spenti, troppo seri e insicuri. La sicurezza è stata la prima cosa che ho perso. Non sono più certa di niente; non di sapere chi sono e cosa devo fare, non capisco più quali possono essere vere certezze,

Questo avvenimento mi ha tolto la libertà; non mi sento più libera di decidere niente, perché non so più cosa può essere giusto fare. So che non avrò più la serenità che avevo prima: neanche quella di lasciarmi andare a ridere completamente, con ogni più piccola parte di me stessa. Non ho più la libertà di prendere iniziative di qualsiasi genere, perché ho sviluppato una percezione che prima non avevo e che mi fa pensare che tutto sia provvisorio. Sento che gli altri si appoggiano di più a me. Anche se non è vero, le nostre percezioni sono quelle che contano, sono loro che ci fanno cambiare i nostri comportamenti.

Sento sempre più spesso che i ricordi salgono in superficie. Con il cuore li visito spesso, ma non ho ancora trovato il coraggio di scriverli. Sono molto belli e, di conseguenza, molto dolorosi. Mi chiedo - se io fossi stata meno felice, sentirei meno dolore? -

A quale prezzo, però?

Se le persone sapessero cosa le aspetta, eviterebbero di imboccare certe strade, di fare certe scelte? Di che cosa ci priveremmo? Della vita, credo. Penso che la vita si debba vivere comunque, per non doverci ritrovare senza niente, non avendolo mai avuto.

Io adesso ho perso una figlia, e quale enorme dolore sto provando! Ma l’ho avuta per ventiquattro anni! E sono stati anni meravigliosi. Se avessi saputo prima che l’avrei persa, avrei deciso di non averla? L’avrei voluta comunque, non mi sarei mai privata volontariamente di questa felicità. Comunque nessuno lascia a noi l’incombenza di decidere su queste cose, ed è molto meglio. Nessuno sceglierebbe la sofferenza, se fosse possibile. Però a qualcuno deve capitare e credo che avvenga a caso, non per meriti acquisiti o per colpe.


19 febbraio 2002

 

Il dolore è troppo grande. Non posso sopportarlo. Come farò? COME FARO’?

L’angoscia sale improvvisa, stimolata da qualsiasi cosa ritenga opportuna.

Ogni piccola sensazione mi riporta l’angoscia. Il cervello va su un ricordo, un’emozione, la spedisce al cuore e, qualsiasi cosa io stia facendo, mi si chiude la gola e mi salgono le lacrime agli occhi. Il percorso della sofferenza.

E’ straziante. Mi strazio della mia stessa pena.

Eppure non sono capace di starne lontana; ogni piccola cosa mi riporta esattamente là, dove non vorrei mai essere stata. Basta una impressione, una parola, un odore o qualsiasi altra cosa e subito mi rivedo in quei primi giorni. Ci penso di più, adesso, e analizzo tutto.

Mi risento parlare e so che ho detto cose assurde, senza logica. I primi momenti, che durano giorni e settimane, sono tanto penosi da risultare insopportabili. E si fanno e dicono cose, al di fuori dei nostri comportamenti usuali.

Rivedo me stessa quando è suonato il telefono; lavoravo al computer, per fortuna non ero connessa ad internet, d’altronde erano passati forse dieci minuti dall’ultima telefonata di Federica.

Ho risposto tranquillamente, ma la voce angosciata di mia mamma mi ha sconvolto . Quando ho messo giù il telefono, intanto che chiudevo il programma e spegnevo il computer, ho telefonato al 118 per sincerarmi che fossero stati avvisati, poi ho chiamato Giuliano e intanto mi preparavo ad uscire. Ho detto qualche imprecazione, sbattuto un pugno contro il muro e ho saputo che eravamo fregati.

Adesso ricordo con precisione le parole che ho detto a mia mamma:

" Qualcuno ha chiamato l’ambulanza? Stai tranquilla, vengo subito a casa. " Non ho chiesto: " Cosa si è fatta? Come sta? "

In quel momento ho sentito esattamente cosa era successo poi, uscendo, già mi sembrava impossibile e pensavo di andare direttamente all’ospedale, in modo da trovarla già lì e vederla subito. La pensavo sempre più grave, ma sapevo che sarei rimasta al suo fianco finché non se la fosse cavata. L’ho pensata gravemente ferita- ci vorrà del tempo, poi si rimetterà in piedi -, poi l’ho pensata in coma – le starò vicino finché non si sveglierà. Tanti ce l’hanno fatta, ce la farà anche lei, ce la faremo! - Intanto martellavo di telefonate il 118, per avere notizie. Ma nessuno me le dava, dicevano di non sapere niente. Intanto in casa, nessuno rispondeva al telefono e io ero sempre più agitata ed intontita nello stesso tempo. Avevo già lo stesso aspetto che avrei avuto nei giorni seguenti: uno zombie. Quando, finalmente, il nostro vicino di casa, Giuliano anche lui come mio marito, mi ha telefonato, era così vago nelle notizie che il mio cuore ha capito la verità. Mi esortava a fare presto e ha chiuso dicendo: " Venga a casa. Noi l’aspettiamo!" Credo di avere capito molto bene cosa mi aspettava, non potevo sbagliarmi, ma sono arrivata fino a casa, sperando con un angolino del mio cuore, che si fossero sbagliati.

Quando sono scesa dall’auto, mi è bastato guardare in faccia R. e G. per sapere. Poi sono impazzita. Ricordo che mi tenevano stretta e, per impedirmi di andare a vederla, mi hanno detto che non c’era più, che l’avevano già portata via. Se non mi avessero mentito, sarei andata e avrei visto come e quanto gravemente era ferita . So che non poteva essere altrimenti. Però la mia mente non si sofferma spesso su questo particolare, si sottrae a questo pensiero.

Dopo è stato un caos totale, sono arrivati tutti, sono iniziate le telefonate e si è riempita la casa di gente e di angoscia. Quando sono andati a casa tutti, senza cena perché nessuno aveva la testa per cucinare qualcosa, e ci siamo stesi sul letto, le lacrime hanno cominciato a uscire per inerzia, da sole, senza che nessuno le cercasse. Dormire, però, era impossibile se non per qualche piccolo periodo. Prima dell’alba eravamo già svegli e più increduli che mai. Per molto tempo sarebbe stato così. Di quei giorni ricordo una grande confusione, tanta rabbia e incredulità, un dolore da esserne lacerati. Lo stesso che provo oggi e che, credo, proverò per molto tempo.

Quando ho aperto gli occhi la mattina successiva, ho sentito mia mamma singhiozzare disperata al piano di sotto e mi sono precipitata per non lasciarla sola. Cosa fa più male del tuo dolore? Sentire il dolore delle persone che ami.

L’ho trovata seduta che ... In quel momento ho percepito in pieno che eravamo rovinati e che la situazione ci poteva sfuggire di mano; bisognava reagire subito, la nostra salute mentale era in serio pericolo. Quando ci siamo un po’ calmati, ho preso la maglia e l’ho buttata via.

Poi siamo entrati nel vortice della burocrazia. Non c’è tempo per i piagnistei! Devi occuparti di tutte le pratiche, avanti!

E’ arrivata la telefonata con cui ci convocavano al riconoscimento ufficiale. Aspettavo con ansia e timore questo momento; in molti si erano offerti di andare al posto mio, ma dovevo andare personalmente, lo aspettavo con ansia, come un evento pauroso eppure così necessario. Lo sentivo indispensabile per accettare l’accaduto, per rendermi pienamente conto dell’irrevocabilità della situazione. Non sapevo che non esiste niente che possa convincermi che è veramente accaduto, che Federica è veramente morta! Eppure ho visto il corpo sotto quel lenzuolo, so che era lei, ma non me ne convinco. Penso a quei genitori che perdono un figlio, senza sapere cosa è veramente successo. Se io non accetto la realtà dopo avere visto il corpo, loro che non sanno cosa è successo, che strazio vivranno per tutta la loro vita? Sentiranno sempre il loro corpo, il loro cuore che cerca e il loro cervello che pensa che cosa può essere accaduto. Tutti i giorni saranno tormentati dall’inquietudine e dall’ansia di non poter aiutare il figlio scomparso, che potrebbe avere bisogno di aiuto.

Poi c’è stato il momento di occuparsi del funerale. Abbiamo guardato molte foto, prima di sceglierne una; è stata una scelta laboriosa, perché tutte ricordavano momenti felici. Durante la notte, con rari momenti di torpore, pensavo a cosa scrivere dietro alla foto, volevo mettere qualcosa di personale. Improvvisamente mi sono ricordata di un foglietto che Federica mi aveva fatto leggere una mattina di settembre, mentre mi preparavo per uscire. Era una specie di poesia scritta da lei, e quando le ho detto che mi piaceva e le ho chiesto se l’aveva appena scritta, Federica ha risposto che era di molto tempo prima. Mi sarei alzata subito per cercarlo, ma ho frenato la mia impazienza fino al mattino successivo. Ho cercato dappertutto, non sapevo dove l’avesse riposta, poi finalmente l’ho trovata: era in mezzo all’agenda sulla scrivania. Inutile dire come tutti siano rimasti sconvolti leggendola:


La vita

La vita è per tutti noi una scala,

per alcuni lunga e per altri corta.

Ricordino coloro che fino ad ora

l’hanno solo discesa che non sarà sempre così:

prima o poi le parti si invertiranno

e allora anche loro arriveranno alla felicità.

Non abbiate mai il rimorso

per i gradini che avete toccato,

perché ogni gradino sarà un mattone del vostro futuro

poiché ogni esperienza ci insegna qualcosa,

sia essa positiva o negativa!


26 febbraio 2002

 

Sembra impossibile! Gli storni sono già all’opera per sistemare il nido dentro il vecchio comignolo della casina degli attrezzi. Gli altri anni li guardavamo e commentavamo i "lavori", perché dalla finestra del bagno si vedono benissimo e alla mattina, intanto che mi preparavo per uscire, ci fermavamo incantate a guardarli. Avevo inventato una storiella su di loro e Federica, tutte le mattine, me ne chiedeva una nuova puntata: " Allora, come procedono i lavori nella casa della famiglia Storni?"

Quest’anno si è interrotta la storia, non ci saranno nuove puntate.

Anche nella vita di Federica non ci saranno nuovi episodi. Ventiquattro anni! Mi domando se "vivere intensamente", cioè amando le persone, provando emozioni e portando avanti idee e pensieri propri, consumi in poco tempo le emozioni che abbiamo a disposizione. Che vengano come bruciate e esauriscano la loro essenza in un tempo più breve.

Sarebbe meglio dosarle e farle durare più a lungo? Però sarebbe come non vivere. Cioè sarebbe morire prima del tempo.


27 febbraio 2002

 

Sta per finire anche febbraio, quanti mesi sono passati! E’ incredibile che non si sappia ancora niente di cosa è successo! Se non fosse capitato davanti a casa, forse nessuno si sarebbe degnato di informarci? Sembra che i diritti dei familiari non esistano, lo trovo sconvolgente! Questa cosa sospesa mi angoscia, vorrei che qualcuno mi dicesse chiaramente: " E’ successo in questo modo, la spiegazione è questa, bisogna che lo accetti e basta! ".

Invece nessuno parla, non si sa niente, ed è intollerabile! Non sapere mi tormenta e alimenta il mio rifiuto verso l’accaduto. Questa risposta non l’avrò mai, è impossibile, forse potrebbe dire qualcosa la persona che l’ha investita. Se avesse voluto, l’avrebbe già fatto, quindi dovrò tenermi queste incertezze e provare ad accantonarle.

Penso spesso a quegli ultimi giorni e il mio ricordo di quella mattina è vivido come un film.

Stavo per uscire, quando mi sono ricordata di alcune fotocopie che dovevano essere consegnate in copisteria, per aggiungerle alla tesi.

Ho chiamato Federica per dirle che le avrei portate io, perché dovevo andare dal parrucchiere che è nella stessa strada. Lei è scesa e si è seduta sul quarto gradino per darmi le ultime istruzioni. Era molto bella, felice di essere ormai arrivata vicino al traguardo della laurea. Felice anche di un nuovo lavoretto che aveva dal giorno precedente. Felice di vivere!

Verso mezzogiorno le ho telefonato per dirle della copisteria; giovedì mattina dovevamo andare assieme, per controllare tutto prima della stampa definitiva. Due ore dopo mi ha chiamato lei, per un consiglio sull’abbigliamento. Abbiamo riso e poi mi ha salutato dicendo:

"Ci vediamo stasera".

Non ho avuto nessun presentimento, nessuna angoscia. Come è possibile? Ho lasciato che la persona che più volevo proteggere al mondo, sia andata incontro a una cosa così orrenda. Come ho potuto non saperlo? Perché non sono stata capace di proteggerla? Come ho potuto permettere che accadesse? Se avessi lasciato a casa l’auto, forse non sarebbe successo, ma non ci ho pensato perché Federica non guidava volentieri. E poi doveva solo fare un pezzo di strada alle due del pomeriggio, con completa visibilità. Sono dieci anni che abitiamo in questa casa e ha fatto la stessa strada tutti i giorni.

Ho anche pensato che se non avessimo comprato la casa, non sarebbe successo. Avevo avuto io l’idea della casa in campagna e avevo cercato finché non abbiamo visto questa e abbiamo capito che era la nostra casa, soprattutto per il giardino, che ci aveva stregato subito con i suoi vecchi alberi e la sua aria rustica

Ma non è stata la casa a far morire mia figlia, e neanche la strada! Sono solo cose inanimate e non fanno morire le persone. Chi le faccia morire, però, non so! Non ho una spiegazione per questo.

Siamo stati molto felici qui, ma lo saremmo stati anche da un’altra parte. Adesso andrei volentieri ad abitare in un altro luogo, ma non perché mi sia venuto in odio questo. Sento che questa casa non fa più per noi, che ha come esaurito il suo scopo, e so che non piangerei molto lasciandola, anche se l’ho amata tanto. Una casa è viva solo quando la abitano le persone, quando ci entra il cuore di qualcuno, altrimenti sono solo mattoni, vetro e legno. Il giardino, quello sì, mi dispiacerebbe lasciarlo, perché il giardino è vivo, gli alberi e le piante vivono anche senza la presenza degli uomini; il corso delle stagioni prosegue e il giardino si riempie di foglie e di uccellini che fanno il nido e la natura prosegue nella scrittura della sua storia.


28 febbraio 2002

 

Domenica mi sono molto arrabbiata. Un’amica mi ha mandato un link ad un sito web, dedicato agli angeli o "entità". Sull’argomento niente da dire; ognuno dice le proprie idee e chi legge è padrone di pensare come vuole. Io sono ancora titubante su questo argomento. Ma non è questo che mi ha disturbato.

Alla pagina " piccole risposte" ci sono delle frasi che vorrebbero essere di spiegazione dell’accaduto, per la morte di una persona cara.

Frasi tipo" ... Come possiamo superare i dolori che ci vengono inflitti quando perdiamo delle persone care? Dovremmo vedere questi eventi come lezioni e non come castighi. Molte volte non apprezziamo, come dovrebbe essere, le persone che abbiamo vicino, tante volte dando per scontato che ci sono è il nostro più grande errore perché la vita si sa quando comincia ma non quando finisce. Perché alcuni trapassano molto giovani? Perché hanno portato a termine il loro compito".

Le trovo molto banali e false. Chi è autorizzato a dire che un bambino di 6 anni o una ragazza di 24, siano giunti al termine del loro compito su questa terra? Quando è evidente che avevano ancora tutto da provare e sperimentare. Oppure che una giovane madre di due bambini piccoli non abbia più alcun compito da svolgere?

La frase che indica come la perdita di una persona cara sia da interpretare come una lezione, è sintomo di una chiara ignoranza e pressappochismo nel giudicare i sentimenti altrui. Pensare che la morte di un figlio o di una persona amata, possa essere sempre una fantomatica lezione meritata, mi sembra offensivo verso chi prova sentimenti veri e non ha mai tralasciato niente per dimostrare il proprio amore agli altri.

Non è possibile pensare che un genitore in queste condizioni stia pagando per una colpa commessa. Troppo facile pensarlo, per chi è al di fuori.

Vogliamo pensarlo noi, per metterci automaticamente nella schiera di chi non verrà mai toccato da questa orribili disgrazia.

" ... a me non capiterà, io sono brava! ...quelli a cui succede è perché se lo meritano!"

Ho grandi dubbi sul funzionamento di questa regola, ma capisco, invece, benissimo come tutto ciò sia un tentativo di esorcizzare il timore di un evento angosciante per chiunque di noi. Sono tutti difese mentali che opponiamo alla inquietante possibilità che ciò accada a chi amiamo.

  Continua

 

Se desiderate comunicare con me, inviare Vostre riflessioni, suggerimenti, pensieri che desiderate condividere, potete indirizzare le Vostre e-mail a f.morena@tiscali.it


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