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Diario :  2 aprile 2002 -  5 maggio 2002

 

2 aprile 2002

 

Questo giorno particolare è, forse, quello giusto per esplorare un ricordo che rivedo spesso con gli occhi della mente, ma che finora non ho mai osato scrivere.

Ricordo tutto di quell’ultima domenica, il 30 settembre. Alla mattina abbiamo lavorato con il computer;  Federica, infatti,  voleva preparare il suo libro delle ricette,  da inserire in una copertina ad anelle, che le avevo fatto io. Perciò abbiamo cercato, fra le mie vecchie ricette, quelle più interessanti e le abbiamo copiate. Nel pomeriggio lei ha terminato di leggere un libro, intanto che io preparavo la cena: riso con pollo al curry, una delle sue cene favorite. Avevamo invitato Giovanni e sapevo che anche lui ama molto questa pietanza.

Infatti la cena era ottima e tutti hanno mangiato con gusto. Prima abbiamo guardato e commentato, sul computer di Giovanni, un nuovo programma per archiviare i dati, che lui stava preparando, poi abbiamo fatto delle chiacchiere con la televisione in sottofondo e abbiamo proseguito a tavola. Come al solito, ci siamo divertiti e abbiamo riso. Federica era molto felice, perché si sentiva finalmente libera dalla pressione della tesi e aveva ricevuto una telefonata di un’amica e, dal giorno seguente, avrebbe iniziato a darle una mano in ufficio e, quindi, avrebbe guadagnato qualcosa.

Quando siamo andati a dormire, Federica ha salito le scale insieme a me, anche se mi aveva già augurato la buonanotte almeno tre volte. Arrivate in cima alle scale, dovevamo dividerci per andare nelle rispettive camere e lei mi ha abbracciato e mi ha ringraziato per la buonissima cena e per avere invitato Giovanni. Poi mi ha chiesto: « Mamma, sono ancora la luce dei tuoi occhi?»

Questo era un vecchio gioco tra di noi; tanti anni fa, alla sua ennesima domanda: « Mamma, mi vuoi bene?», avevo risposto: « Se ti voglio bene? Ma tu sei la luce dei miei occhi!». Inutile dire quanto Federica ne fosse rimasta deliziata, tanto da non perdere un’occasione per farselo ripetere. Quindi glielo dicevo spesso.

Quella sera, alla sua domanda, l’ho abbracciata e le ho detto: « Certo! E lo sarai per sempre!»

Quando si parla agli altri bisognerebbe sempre pensare che si parla al loro cuore, invece spesso non si considera le ripercussioni che certe frasi possono avere, anche su noi stessi! Come sarebbe stato diverso se io non avessi risposto così! Se io non avessi dedicato tanto tempo e affetto a Federica, ora sarebbe tutto differente, per me e per le mie percezioni, persino per la mia futura accettazione di questa morte.

La consapevolezza di aver amato mia figlia e di avere fatto tutto quello che io credevo fosse necessario per renderla una persona adulta autonoma, felice e in grado di affrontare la sua vita, con tutte le inevitabili difficoltà che avrebbe avuto, oltre al fatto di averla sempre circondata di quello che per lei era necessario, cioè "Amore", di non averlo mai risparmiato o evitato per tutte quelle piccole scuse di cui ci circondiamo, mi fa resistere in questo inferno. Mi da la grande forza della serenità indotta; sapere che non ho niente di cui rammaricarmi, mi aiuta ad andare avanti.

Così, quella sera, non mi sentivo troppo stanca per proseguire questo scambio di frasi, che non dovremmo mai giudicare superflue, ed ho risposto quello che mi diceva il cuore:

« Certo, e lo sarai per sempre!»

Quanto sono contenta di averlo detto e di avere avuto tante occasioni per fare sentire a mia figlia tutto l’amore di cui era circondata! Credo che questo ricordo mi accompagnerà, insieme a tutti gli altri, per tutta la vita. E’ un ricordo veramente meraviglioso e, come tale, anche molto doloroso. Ma è così, non si può avere una cosa senza l’altra: cioè separare la felicità dal dolore, credo che viaggino sempre abbinate. Anzi, più la felicità è grande, più si accompagna a grandi dolori.

 

5 aprile 2002

 

Mi sento piena di energie, pronta ad affrontare qualsiasi cosa ma, non so da cosa iniziare. Troppe cose affollano il mio cervello e il mio cuore! Vorrei sistemare tutto, ma cosa è che devo fare? Non lo so più, il senso di sbandamento prosegue, mi sento tirata da tante parti diverse e non vorrei andare in nessuna direzione.

Ogni tanto ritornano i pensieri dei primi giorni e sembra che non mi interessi più niente, ma io sento che non è vero. Riesco a percepire che, sotto lo strato di foglie secche del giardino, c’è una nuova vita che spinge per uscire e so che anche sotto certi miei sentimenti c’è, esiste, la vecchia Morena e vuole uscire e tornare a vivere. E’ giusto? Dico sempre che è giusto per gli altri, ma ho il timore di dirlo per me stessa.

Vorrei che gli altri si chiudessero nel loro dolore e smettessero di vivere? No, lo dico sempre e ne sono fortemente convinta. Dov’è, allora, la differenza?

E’ che io sono la madre e sento che non posso smettere di soffrire. E, infatti, non smetterò mai, forse arriverò a sentire il dolore in misura più sopportabile, in un modo che mi permetta di affrontare la vita e le sue prove, anche se intuisco che niente sarà mai come prima. Devo, forse, capire ed accettare il fatto che, sono ancora viva e devo continuare a vivere. 

Soffrire non significa smettere di vivere, non significa non ridere più o impedirsi di essere contenta di tante piccole cose o avvenimenti felici. Tutte queste cose esistono ancora e noi dobbiamo riuscire a vederle; non hanno smesso di esistere con la morte di Federica, siamo noi che facciamo finta di non trovarle più. Anche nel momento in cui riusciamo a rilassarci e a percepire gioia e allegria, può accadere che, a causa di un ingiusto senso di colpa, ci impediamo di vivere in serenità questi attimi e non apprezziamo le piccole gioie che ci accadono.

 

13 aprile 2002

 

Il tempo passa tanto velocemente e non mi rendo veramente conto di essere già in aprile. Una vita intera sembra passata da quando ero felice! Tutti i giorni portano dei grandi cambiamenti ed anche una continua alternanza di stati d’animo. Un momento ti senti di buon umore e hai la precisa sensazione di farcela, l’attimo dopo sei a terra e senti che non ce la farai mai. Anche il carattere migliore si può logorare con questi continui cambi di direzione. Spesso si disorientano anche le persone che ti stanno accanto, non capiscono come comportarsi, come trattarti e finiscono per usarti troppi riguardi.

Mi accorgo, certe volte, che parenti ed amici non mi dicono cose che reputano spiacevoli o che possono causare agitazione, perché pensano che io non possa reggere nessun altro dispiacere o motivo di apprensione. In questo modo sono, o mi sento, che è esattamente la stessa cosa, tagliata fuori dalla vita di chi mi sta vicino. Percepisco di vivere sotto una campana di vetro, di essere io stessa fragile come un oggetto di vetro, che si può rompere con una piccola scossa o urto.

Forse sono io che credo tutto ciò, perché le mie emozioni si dilatano enormemente e, qualsiasi cosa accada, la interpreto in un modo diverso. Forse non è vero, non esistono questi comportamenti e dipendono solo dalla mia sensibilità molto provata ed instabile. Potrebbe essere così, però la sensazione è forte e porta con sé tante incertezze e timori. Mi sento sempre in un territorio di transizione, dove non si fanno scelte, non si prendono decisioni.

Mi sento molto vulnerabile, so che chiunque potrebbe ferirmi facilmente, sono alla completa mercé degli altri. Fortunatamente ho trovato, nelle persone che ci stanno accanto, grande affetto e disponibilità nei nostri confronti. Anche persone che prima non frequentavamo così spesso, adesso riempiono la nostra vita con amicizia e calore.

E’ vero che si possono sempre scoprire cose meravigliose, anche in mezzo alla distruzione totale. Sto imparando molto; da questi avvenimenti e comportamenti sono uscite tante cose belle e piacevoli e ho riflettuto molto sull’accaduto e sui sentimenti che ha scatenato. Cercando di trarre sempre il meglio e dando risalto solo alle cose buone, si può variare la propria percezione e ottenere un grande giovamento, soprattutto per la propria personalità e per il modo di rapportarsi con gli altri.

 

18 aprile 2002

 

Ho sentito dei genitori a cui era morto un figlio, dire che desideravano andare in luoghi nuovi, in mezzo a sconosciuti, in modo che nessuno sapesse cosa era loro accaduto e, quindi, evitare domande o riferimenti al figlio o ai loro sentimenti. Ho subito pensato che, invece, una simile situazione potesse essere molto tormentata; mi sarei sentita a disagio e avrei avuto il timore che qualcuno, all’improvviso chiedesse: « ...e voi, avete dei figli?», con il conseguente dolore e imbarazzo per tutti.

Conoscere delle persone può sembrare facile; loro non sanno niente di te e tu puoi fingere che tutto vada bene. Ma non è vero, e tu lo sai.

Non è pensabile che si possa, anche solo per una serata, dimenticare l’accaduto, perché qualsiasi discorso può portare all’argomento che si vorrebbe evitare e non è possibile fingere. Addirittura si può ottenere l’effetto opposto; si è talmente in ansia che si arrivi a parlare di un argomento attinente, che si finisce per pensarci ancora di più e per essere molto a disagio.

Questa probabilità mi preoccupava molto; infatti non desideravo conoscere nuove persone. Poi ci è capitata un’opportunità; conoscere dei nuovi amici con cui finora dialogavo tramite e-mail. Abbiamo accettato entusiasti, forse sentivamo questa necessità; una specie di "prova del fuoco", sperimentare il nostro comportamento con persone sconosciute e, ancor di più, verificare la loro reazione. Il nostro bisogno di comunicare era molto forte, anche se non ne avevamo ancora preso piena coscienza, quindi abbiamo organizzato tutto per la conoscenza reciproca.

All’inizio sembrava tutto semplice, loro non sapevano niente, era facile, bastava tacere la verità, poi, man mano si avvicinava il momento di fare la loro conoscenza, la preoccupazione e il disagio cresceva. Come potevamo fare?

Dovevo anticiparlo per lettera, in modo che fossero preparati? Ma quale brutta sorpresa sarebbe stata per loro! Potevo dirlo quando ci fossimo visti, oppure potevo anche sorvolare sull’argomento "figli". Ma come posso io sorvolare su questo, che è uno degli argomenti che mi premono di più?

Sarebbe stato meglio per tutti che io non dicessi niente ma ero molto preoccupata che, all’improvviso, mi venisse posta quella domanda, che tanto temevo. Infatti la prima sera che abbiamo passato insieme, in confidenza come amici di vecchia data, ero agitata e parecchie volte sono stata sul punto di nominare Federica, perché ogni conversazione mi portava alle labbra un commento che la riguardava, quindi ero sempre tesa. Mi dicevo anche "Non voglio che pensino a me come a una persona che non ha avuto figli, non amo le finzioni e non rifiuto niente del mio essere madre. Ho amato ogni istante di questi 24 anni e li porterò sempre con me."

Anche Giuliano si è interrotto diverse volte, perché stava per nominare Federica. E’ naturale che sia così; per 24 anni è stata nostra figlia e ora era diventata una persona adulta che ci riempiva la vita

Sapevo che non potevo proseguire cosi, a essere guardinga nella scelta delle parole, evitando ogni commento che riguardava Federica, i figli, e ogni altro aneddoto della nostra vita. E’ vero, sarebbe meglio non coinvolgere nessuno nella tua sofferenza, ma questo significa chiudersi nei confronti delle altre persone e, di conseguenza, della vita.

Ho dovuto dirlo; ed è stata sofferenza e liberazione nello stesso tempo.

La reazione di questi nuovi amici è stata così dolce e consolatoria che ci ha riempito il cuore. Hanno sofferto per noi e insieme a noi, è stato molto pesante per tutti, perché sono momenti che emotivamente ti stroncano, ti tolgono le forze e ti lasciano svuotata e priva di energie.

Dopo che ho parlato sono stata meglio, anche se capivo che per loro era difficile continuare a frequentarmi come prima, non eravamo più liberi come la prima sera. Il nostro rapporto non era più così semplice, si era già trasformato. So che è anche colpa della mia sensibilità esasperata dalle mie percezioni. Penso sempre troppo e questo, certe volte, può essere deleterio, anche per i rapporti sociali! Mi pongo sempre troppi problemi, cerco sempre di anticipare gli eventi, ma questo non è possibile e finisco solo per caricare troppo la mia emotività. Avevo il timore che, quando avessi detto loro di Federica, non avrebbero più voluto frequentarci e ci avrebbero evitato. Dovrò imparare ad accettare anche questa eventualità, capendo, però, che se succedesse non sarebbe un mio problema, ma sarebbe solo un problema di chi ha questo atteggiamento.

Per fortuna, in questo caso, il problema non si è posto! Oltre ad avere guadagnato degli ottimi amici, ho acquisito una maggiore sicurezza per i miei futuri rapporti.

 

22 aprile 2002

 

Aprile

Il sole illumina l’aria,
scaldando i pensieri.
Gli ultimi storni ritardatari
si affrettano a completare il nido.
Le rondini volano festose,
garrendo senza posa.
Il gufo dorme su un ramo,
attendendo la sera.
Io sola, rimango immobile,
senza desideri, senza speranze.

Ho creduto di esserne fuori, ma non è vero. Improvvisamente arriva una nuova ondata di angoscia, mista a rabbia e incredulità. Non smetterà mai? Un singhiozzo esce bruscamente dalla gola, gli occhi si riempiono di lacrime e il cuore sembra scoppiare. In quei momenti penso che tutta la vita sarà così; un pesante fardello da portare sulle spalle e il fisico sempre più indebolito che non riesce a sostenerlo. Guardo Giuliano e gli trasmetto tutto il mio dolore, assorbendo il suo come una spugna, che si imbeve di un liquido sporco.

 

26 aprile 2002

 

Una telefonata inattesa mi ha dato una speranza e qualcosa di molto importante da attendere. Dopo tanti anni non pensavo più che potesse accadere, ma sono stata chiamata dall’ADMO; perché sembra che ci sia una compatibilità con una persona in attesa di una donazione di midollo osseo. 

Ho tanto pregato che accadesse, desideravo avere questa fortuna, di poter essere veramente di aiuto a una persona che non ha più altre speranze, se non questa remota possibilità di salvezza. E’ meraviglioso, mi sento benissimo, spero che tutto vada bene e che i prossimi prelievi confermino questa compatibilità. Mi sono iscritta al Registro Donatori Midollo Osseo, dopo la morte di Beatrice, pensando che un gesto semplice come questo potesse salvare una vita, magari giovane come quella della ragazza che ci aveva appena lasciato.

In questi giorni, forse anche in questi ultimi mesi, non ci avevo pensato, avevo accantonato l’idea, non perché non lo volessi, forse credevo che non fosse più possibile. Quindi la telefonata mi ha molto sorpreso, ero incredula e non ho reagito subito, ho chiesto solo le informazioni per il prelievo e basta. Poi quando ho chiuso la comunicazione e ho assimilato bene la notizia, ero felice e commossa nello stesso tempo.

Ho comunicato a tutti la notizia, con grande gioia e commozione, come fosse già cosa certa; ho sentito una intensa emozione, derivata dalla possibilità di aiutare il concretizzarsi delle speranze di una persona malata, e ne sono stata colpita. Naturalmente, capisco anche che sono in un momento particolare della mia vita e che questa probabilità simboleggia per me un’occasione di rappresentare veramente qualcosa di importante per qualcuno; quello che forse mi manca maggiormente in questo periodo. Mi sento spesso come se non fossi più importante per nessuno e questo mi preoccupa molto. Dopo la morte di Federica ho spesso pensato di non servire più a nessuno. So che non è vero, ma...

 

2 maggio 2002

 

Ho creduto di essere tanto forte che niente potesse più farmi del male, pensavo che quello che ho provato e continuo a provare, mi avesse reso immune da altre sofferenze. Invece scopro, tutti i giorni di più, che sono molto fragile, come un oggetto di vetro soffiato, talmente delicato che una piccola scossa lo può rompere. Piccole cose hanno il potere di sconvolgermi e di preoccuparmi in un modo che non mi sarei immaginata. Anche un piccolo malore fisico mi angoscia, soprattutto se degli altri, penso subito che non riusciremo ad eliminarlo e che ci farà crollare e trascinerà tutto nella sua rovina. Quindi non è vero che le grosse sofferenze rendono più forti, come ho creduto; è più giusto dire che, avendoti già tanto prosciugato nelle tue energie, ti lasciano impoverito e alla balìa di ogni piccolo temporale. Vedo lo spettro della depressione che si agita sulla nostra casa e so che, se lo lasceremo entrare, si impossesserà di tutti noi, prendendoci uno alla volta, inesorabile nella sua spietatezza.

 

3 maggio 2002

 

Sono meravigliata scoprendo che ho ancora reazioni simili a quelle che avevo prima, reazioni conosciute. Mi scopro gioire delle meraviglie della natura, guardo gli uccellini entrare nel nido portando da mangiare ai loro piccoli e mi intenerisco, ammiro un’opera d’arte e sono ancora capace di perdermi nella sua immensità. Ogni tanto ritrovo qualche pezzetto di me stessa, che avevo creduto perso per sempre e sono stupita, sorpresa di esserci ancora.

All’inizio ho creduto di essere morta. Pensavo che la parte di me più interna, quella nascosta agli altri, fosse completamente spenta e ho desiderato che trascinasse con sé, in questa scomparsa, anche la parte di me più esterna, quella che tutti potevano vedere, affinché cessasse questa sofferenza atroce.

Ma non è successo. La mia esteriorità rimaneva e continuava a esistere. Poi, poco per volta, ho notato dei piccoli segni che arrivavano dalla mia anima. Fermarsi a guardare i fiori che spingevano i loro colori verso il sole, leggere un libro con la partecipazione di prima, anche se solo per un capitolo, camminare in un museo ed emozionarsi davanti alla perfezione di un quadro dipinto più di cinquecento anni fa, commuoversi per il successo lavorativo di un’amica, desiderare di nuovo qualcosa; tutte cose che mi hanno sorpreso quando le ho provate. Mi sono stupita di ritrovare emozioni già conosciute, piccole cose che appartenevano alla persona che ero e che credevo di avere perso.

Ho iniziato a pensare che quella persona, forse, non era morta veramente o, almeno, non del tutto. Qualcosa di lei rimaneva, anzi, certe volte spingeva per uscire, per farsi sentire di nuovo. Mi sorprendeva ritrovarla, ritrovare quella mia anima che avevo creduto persa per sempre. Dopo le prime volte, la sorpresa era minore, però ero interessata, volevo scoprire fino a dove sarebbero arrivate le somiglianze.

 

5 maggio 2002

 

Stanotte non riuscivo a dormire e, come sempre quando mi giro nel letto senza poter chiudere gli occhi, mi sono venute in mente delle cose da scrivere.

 

Finalmente!

Dopo giorni di pioggia e freddo,
Raggi di sole sbucano obliqui dalle persiane.
Spingono per entrare,
la loro missione è scaldare e sciogliere,
infondendo energia in ogni cosa.
Sono a letto quasi sveglia,
indecisa se alzarmi e correr loro incontro.
Dopo mesi di apatia,
il timore di non farcela non mi fa alzare,
forse rimarrò sdraiata,
silenziosa con gli occhi chiusi.
Poi mi riscuoto,
il sole mi cerca, mi ama,
non posso lasciare che tutto ciò sia vano!
Cerco dentro me gli ultimi residui
della persona che ero e, finalmente, grido:
Sono qui! Sono pronta!

L’ho dedicata a tutti gli amici che ci stanno intorno in questo periodo, amici tanto solerti che non è possibile deludere e che, perciò, fanno nascere in me la forza di reagire e andare avanti. Non posso lasciare che tanto amore sia sprecato e devo, assorbendo la loro energia, trovare dentro di me la spinta per vivere di nuovo.

  Continua

 

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