Pisa 29.01.2005
Una sentenza giusta, esemplare, che ha lasciato, per
quanto sia possibile in questi casi, gli animi sereni, convinti che sia
stata resa giustizia. È quella emessa sabato sera in tribunale dal
giudice monocratico Alberto De Palma, nel corso di un’udienza
straordinaria durata 8 ore, per l’uccisione di un pedone in un
incidente stradale. La vittima era Michela Simeone, 44 anni, di
Vigevano, uccisa a Pisa il 1º maggio di tre anni fa in via Bonanno,
mentre camminava sul marciapiede, dall’auto impazzita di un pizzaiolo
di Pietrasanta, Giovanni Cangeri, 28 anni, che aveva perso il controllo
del mezzo. La donna fu falciata, sotto gli occhi dei familiari, durante
quella che doveva essere una gita di piacere. Morì poche ore dopo
all’ospedale, mentre il marito, Giorgio Giunta, rimase ricoverato per
più di tre mesi.
«Una sentenza che ha dimostrato la grande sensibilità del giudice e
anche dell’imputato»: commenta l’avvocato Gianmarco Cesari di Roma,
legale dell’Associazione italiana familiari vittime della strada, un
sodalizio che anche a Pisa raccoglie molti soci e che in questo
processo si era costituita parte civile. Cangeri è scoppiato più volte
in un pianto dirotto, inconsolabile, ed è stato assistito a quel punto
dai familiari della vittima, che hanno cercato di stargli vicino in una
prova per lui così dura.
Il giovane è stato condannato ad un anno ed otto mesi di reclusione con
la condizionale, subordinata al pagamento delle provvisionali entro 60
giorni dal passaggio in giudicato della sentenza. Per la prima volta in
Italia un tribunale ha ricosciuto all’Associazione Italiana familiari e
Vittime della strada una provvisionale. «Una cifra contenuta ovviamente
- spiega Cesari, presidente nazionale dell’osservatorio vittime della
Lega italiana per i diritti dell’uomo, fondata addirittura da Giuseppe
Garibaldi - ma simbolica, per noi molto importante, perché è la prima
volta che accade, è la prima volta che storicamente si riconosce che
l’associazione abbia subito un danno e che questo danno viene
liquidato. In 21 anni di professione, il legale ha sostenuto quale
difensore di parte civile più di 150 processi per omicidio colposo
avvenuto in strada e per 15 volte l’Associazione si è costituita parte
civile.
La famiglia Giunta, oltre al marito, il figlio Rosario e la madre della
vittima, Antonietta Di Palo, era assistita dagli avvocati Zaccone e
Fiocchi di Vigevano.
Il processo nel dibattimento precedente, il quarto, avvenuto a maggio,
aveva visto il giudice monocratico Alberto Bargagna respingere, per
l’incongruità della pena, la richiesta di patteggiare 18 mesi di
condanna. Troppo pochi per avere giustizia della morte di una donna,
mamma e moglie. Cesari sottolineò in quell’occasione un pronunciamento
della Corte di Cassazione, secondo il quale anche in tema di
patteggiamento la parte civile può intervenire sulla valutazione del
giudice in materia di incongruità, e rilevò alcuni principi
fondamentali a sostegno della sua difesa: la necessità di far valere il
sistema sanzionatorio in modo da condurre il reo a rapporti diversi con
la società, di percorsi espiativi con rieducazione e risocializzazione,
di non rendere la pena virtuale continuando a ritenere che valga solo
dopo la sua esecuzione, della valutazione della sua congruità. Cesari
in passato aveva ottenuto dal Gip di Lanciano (CH) la incongruità di
una pena di 2 anni e 3 mesi, superiore al limite di 2 anni per ottenere
la sospensione della condizionale. Bargagna respinse il patteggiamento
e rinviò gli atti al presidente De Pasquale per una nuova valutazione.
Ieri si è aperto il quinto dibattimento che finalmente ha visto la
conclusione del caso. Sono stati ascoltati i periti, l’imputato, le
compagnie di assicurazione. Dopo la perizia del Dott. Massimo Martano,
per la parte civile, ai rappresentanti delle compagnie di
assicurazione, che calcolavano i danni in base alle tabelle, il giudice
ha fatto rilevare come «il dolore o i danni biologici e alla dignità
umana siano difficilmente quantificabili in tal senso».
Commovente la deposizione di Cangeri che è scoppiato in un pianto
dirotto, sincero, toccante, che ha determinato alla fine la sentenza
finale. Per questo il pm, Aldo Mantovani, ha chiesto la pena di 2 anni,
mentre Cesari, di fronte alla consapevolezza dell’imputato rispetto
alla gravità dei fatti, ha espresso parere di congruità su questa
decisione.
Il dibattimento, iniziato alle 10, si è concluso dopo le 17 dopo più di
due ore di camera di consiglio. Anche durante la camera di consiglio il
giovane imputato, che ha spiegato di aver perso il controllo del mezzo,
è scoppiato a piangere. Era solo. I familiari della vittima e i soci
dell’associazione lo hanno consolato a lungo.
Il giudice lo ha condannato, si diceva, ad un anno e 8 mesi con la
sospensione della patente per un anno, riconoscendo a Giorgio Giunta
una provvisionale di 90mila euro e ad Antonietta De Palo di 50mila. Per
la prima volta in Italia ha riconosciuto all’Associazione una
provvisionale di 1.500 euro. Ha concesso quindi a Cangeri la
condizionale subordinandola al pagamento della provvisionali entro 30
giorni dal passaggio in giudicato della sentenza e si è dato 60 giorni
di tempo per il deposito delle motivazioni.
PISA. Il 1º maggio del 2001, la famiglia Giunta è a Pisa per visitare
piazza dei Miracoli. Sono arrivati da Vigevano, in provincia di Pavia,
dove abitano. Sono le 16. Giorgio Giunta è con la moglie, Michela
Simeone, 44 anni, il figlio Rosario, e la fidanzata del ragazzo, Ina.
Parcheggiano in via Bonanno e attraversano un tratto di marciapiede,
davanti al distributore di fronte all’ingresso del pronto soccorso del
Santa Chiara. Sono sul marciapiede, stanno per attraversare sulle
strisce quando a velocità arriva una Daewoo guidata dal giovane
pizzaiolo. L’auto sbanda, si ribalta, finisce su alcuni panettoni che
si trovano vicini al marciapiede e si abbatte sulla coppia davanti a
Rosario terrorizzato e impotente di fronte alla tragedia che si consuma
sotto i suoi occhi.
Le condizioni dei feriti appaiono subito gravissime. Michela Simeone
muore poche ore dopo il ricovero, alle 19, il marito resta una
settimana al Santa Chiara in rianimazione. Poi viene trasferito
all’ospedale di Vigevano e quindi a Mortara. In tutto, per gravi
lesioni alle gambe e ferite in tutto il corpo, resta in ospedale per
più di tre mesi.
Il pizzaiolo viene accusato di omicidio colposo nei confronti di
Michela Simeone e di lesioni personali gravissime nei confronti del
marito della vittima. Il giovane dice di aver perso il controllo della
guida per evitare un ciclomotore che gli ha tagliato la strada,
testimonianze e perizie riveleranno anche un’alta velocità
dell’utilitaria.
Rinviato a giudizio dal gip Luca Salutini, dopo tre udienze il giovane
avanza la richiesta di patteggiamento allargato su cui il pm Valeria
Marino ha dato a suo tempo parere favorevole.
L’Associazione vittime della strada nasce dalla fusione di tre diversi
comitati nel ’98. Diventa onlus nel 2001 e si costituisce per la prima
volta parte civile a Modena nel caso Piacentini. La seconda
costituzione di parte civile in Italia avviene proprio nel processo
Giunta a Pisa, il 18 dicembre del 2002, un’esperienza che in totale
nella penisola è già stata ripetuta 15 volte.