Roberto Marinelli  17 anni   Perugia   23.2.1978 – 8.11.1995




        
                      Ti rialzerò, ti solleverò, 
                      su ali d’aquila ti porterò
                      sulla breccia dell’alba. 
                      Ti faro brillare come il sole, 
                      cosi nelle mie mani vivrai. 

                        (a Roby dalla mamma)

     Roberto è stato ucciso coi suoi sogni di ragazzo, è scomparso col suo sorriso a volte malinconico e però rivelatore di un carattere buono, generoso, aperto soprattutto ai più deboli. 
      L’8 novembre 95, alle 18, ho ricevuto una telefonata, dovevo correre all’Ospedale di Perugia, Roberto aveva avuto un incidente ma niente di grave: che non fosse cosi l’ho capito, alla rianimazione, dagli occhi pieni di lacrime dei miei genitori. 
      Era stato travolto, mentre viaggiava su un rettilineo con la sua moto, da un’auto che non gli aveva dato la precedenza ed aveva riportato un gravissimo trauma cranico; non aveva più ripreso conoscenza, non c’erano speranze: ”è arrivato col cervello che gli usciva dalle orecchie”, queste parole della dottoressa non le dimenticherò mai. 
      Nel tremendo dolore abbiamo deciso, abbracciati, l’espianto degli organi; e nella rabbia, poi, di vedere che tutto continuava ad andare avanti senza la persona che amavamo di più, c’era almeno questo conforto, il pensiero degli esseri umani che lui aveva salvato. 
      Denuncia, avvocati, cause: anche per questo l’esistenza è diventata un inferno, più profondo quando, agli inizi del 2000, la sentenza di primo grado ha dato il 50% di colpa a Roberto: per mio papà Mario, che già dopo la tragedia aveva cominciato a perdere interesse a tutto, e stato un altro colpo al cuore: non riusciva a crederci, ha subito un tracollo fisico e mentale inimmaginabile. 
      Una mattina, andando a lavorare, gli ho detto di non preoccuparsi, di contare su di noi per quanto c’era da fare (perché la storia continuava, la sentenza e stata poi confermata in appello, abbiamo presentato ricorso, deve decidere la Cassazione): ma forse già non mi ascoltava più. 
      Non l’ho rivisto vivo, ha appeso la sua vita a una corda, si e arreso solo e disperato, perso nel dolore per la perdita del figlio e per le ingiustizie che alla fine colpiscono soltanto la gente semplice e senza conoscenze come noi. 
      Un anno fa il Signore ci ha donato il piccolo Alessandro, mio figlio, che ha riportato nella nostra casa, piena di ricordi e speranze perdute, l’amore e il calore e la dolcezza che Roberto vi aveva lasciato. 

                      Ia mamma Giuseppina e la sorella Monica * 

* Monica Marinelli è responsabiie deli’Associazione per la provincia di Perugia 

associazione italiana familiari e vittime della strada